Non è più possibile lavorare con chiunque e a qualsiasi condizione. Lo hanno affermato tante volte i retailer parlando della necessità di costruire una partnership reale con l’industria cosmetica, progetti condivisi e un dialogo continuo e costruttivo. Ma cosa ne pensano le aziende della cosmesi? Cosa comporta tutto ciò in termini di riorganizzazione della struttura dei singoli brand? E soprattutto a quali condizioni i risultati economici non solo non diminuiscono ma anzi crescono pur a fronte di un ridimensionamento del numero dei propri concessionari? Lo abbiamo chiesto a Marcello Antonetti, brand general manager di Parfums Christian Dior; Luca Catalano, direttore commerciale di Collistar; e Roberto Serafini, direttore generale di L’Oréal Luxe.

Aria di cambiamento

Il mercato è cambiato, tutti ne sono consapevoli. La profumeria ha ridotto il proprio appeal nei confronti dei consumatori, che non le attribuiscono più quell’allure che aveva in passato. Per ricostruire questa immagine è necessario che il retail faccia delle scelte in termini assortimentali, di brand e di prodotto. E da parte sua l’industria deve decidere come e con quale partner distributivi lavorare. Di conseguenza alcune aziende cosmetiche hanno ridimensionato la propria rete di concessionari, altri invece hanno fatto scelte differenti. Perché?

Marcello Antonetti: Partnership è una magnifica parola, troppo spesso abusata e quindi, alla fine, vuota. Noi cerchiamo di riempirla con atti concreti e con un’interpretazione chiara del termine: essere partner vuol dire stabilire un rapporto di reciproca e piena soddisfazione su fondamentali economici da condividere. Un paio di questi fondamentali, che passano attraverso ogni singolo punto di vendita, sono l’economicità della gestione e la qualità complessiva offerta. Ogni profumeria, secondo noi, deve avere caratteristiche qualitative e quantitative ben definite che garantiscano il risultato; sono entrambe importanti e quando non si “incontrano” bisogna prenderne atto e agire. Ci sono numerosi casi in cui il potenziale di un negozio riesce a ripagare lo stock minimo di servizio soltanto in 12 mesi! Questo è economicamente insostenibile: l’industria diluisce in modo inutile gli investimenti, il trade impiega improduttivamente capitali preziosi ed è costretto a bilanciare il risultato con i negozi più altovendenti; negando così il principio sacrosanto che, nel medio periodo, ogni negozio dovrebbe essere considerato un unico centro di profitto indipendente e non la parte di un tutto in cui si confonde.

Luca Catalano: La parola partnership non mi piace troppo è troppo abusata e difficilmente realizzata, oggi è tempo di trovare un vero punto di incontro, parola d’ordine è fare, con un taglio personale. Noi di Collistar ci crediamo e ogni giorno ci mettiamo in gioco. Come dice il nostro amministratore delegato “tutto è cambiato”. La filosofia di Collistar è sempre stata quella di presidiare tutti i canali distributivi, dalla catena regionale al department store, dalla profumeria tradizionale alle catene nazionali. In questi anni il mercato si è ridimensionato, la distribuzione si è autoridimensionata e noi siamo presenti in tutti i migliori punti vendita del mercato selettivo. Non abbiamo chiuso porte, ma l’evoluzione della nostra rete vendita è andata di pari passo con l’evoluzione della profumeria in Italia, che ha visto anche la scomparsa di alcuni player e il ridimensionamento di altri.

Roberto Serafini: La rete distributiva, ovvero le concessioni che abbiamo con i nostri partner, sono uno degli asset più importanti della nostra impresa. Con la crisi e il calo dei consumi è chiaro che diventa fondamentale scegliere la giusta dimensione distributiva. È evidente che non possiamo farne esclusivamente un fatto economico e di ritorno nel breve (il classico break even point), ma non possiamo nemmeno prescindere da questa analisi. Noi sappiamo che con un fatturato annuo a valore retail inferiore a 30.000 euro una nostra marca di make up perde soldi. Sappiamo anche che una marca di make up che non è nelle prime 3 in un punto vendita medio in Italia perde soldi. Ecco allora che la nostra presenza negli ultimi 200/300 punti vendita si giustifica solo ed esclusivamente in un discorso più ampio di vera partnership con i nostri distributori. Il discorso perciò è semplice: nessun ridimensionamento a priori della nostra rete di concessioni, ma una valutazione attenta dell’intera rete. Con tutti i nostri partner, per tutte le nostre marche.

L’impatto

Una scelta di ridimensionamento distributivo o comunque la decisione di consolidare la partnership con il retail può determinare un impatto significativo sull’organizzazione aziendale. Quando è in che modo?

Marcello Antonetti: Non ci sono riorganizzazioni sostanziali da fare, almeno per il nostro brand. La nostra forza vendite ha già spostato da tempo il suo focus sulla qualità del servizio, oserei dire di consulenza, che forniamo al nostro trade è inevitabile uno spostamento di competenze dal sell in al sell out, da anni siamo preparati a questo; l’avvento in particolare della distribuzione organizzata ci ha confermato che gli ordini non si scrivono quasi più su un copia commissione ma si realizzano come una naturale conseguenza di un lungo processo che parte dalla formazione/informazione sui prodotti, passa attraverso il merchandising e le campagne pubblicitarie, si completa con il consumatore finale che compra e diventa il tuo testimonial per il futuro, perché è soddisfatto della qualità del prodotto e di come gli è stato consigliato. Mi piace ricordare che proprio il vostro giornale ha attribuito a Dior i due premi “Beauty Business Awards 2013” per il “Miglior supporto pre e post vendita” e nel Make Up “Miglior supporto Trade Marketing” : trattandosi di valutazioni fatte dal trade, ne siamo particolarmente orgogliosi ma anche impegnati a meritarceli anche per il futuro.

Luca Catalano: La nostra rete di agenti è cambiata molto. Definirei i nostri agenti dei direttori di area, in quanto pianificano i risultati numerici ma anche quelli qualitativi, sono ingaggiati nel sell in ma anche nel sell out. In questi anni abbiamo puntato moltissimo sulla formazione a 360° dal merchandising al prodotto, ritengo che la forza vendite di Collistar sia una rete di agenti moderna.

Roberto Serafini: Un ridimensionamento della rete non comporta di per se a priori alcun ridimensionamento della nostra struttura field. Potrebbe significare invece un miglior servizio sulle porte che restano. Più in generale oggi i nostri retailer chiedono ai nostri agenti sempre più nuove competenze: saper formare, saper orientare le vendite e il sell-out, parlare di potenziale, conoscere il consumatore. E soprattutto saper entusiasmare, trasmettere quella carica che si traduce in maggiori vendite. In sintesi ai nostri agenti è richiesto di essere sempre di più dei business partner. E noi da anni ci stiamo muovendo per trasferire progressivamente queste competenze ai nostri “uomini” sul terreno.

Le performance

Certamente distribuire i propri prodotti in un numero minore di punti vendita ha un impatto sul fatturato. È necessario creare un circolo virtuoso affinché meno profumerie generino lo stesso o addirittura un maggiore fatturato.

Marcello Antonetti: Bisogna distinguere sui periodi di riferimento. Nel breve termine gli impatti sul sell in e sul sell out sono immediati e negativi. È un fatto tecnico, scontato e inevitabile. La bravura sta nel limitarli e/o azzerarli nel medio periodo attraverso l’innalzamento del potenziale dei negozi limitrofi. Tutto questo se nel frattempo il livello qualitativo dei negozi restanti sarà mantenuto e/o aumentato. Credo che ormai questi impatti siano ben chiari all’industria che si è, come noi, impegnata su questo fronte e, nello stesso tempo, al trade che sta affrontando anch’esso problemi di eccesso di offerta.

Luca Catalano: Fare più fatturato con meno clienti è un esercizio che ci impegna molto soprattutto in condizioni di mercato sfavorevole come quello attuale, noi pensiamo che le collaborazioni del 2014 siano state un ingrediente del nostro successo: pensiamo alla partnership con Antonio Marras nella collezione make up Ti Amo Italia e a quella con Piquadro per i cofanetti natalizi. Inoltre strumenti fondamentali sono stati l’innovazione continua dei nostri prodotti soprattutto corpo e viso, le promozioni che offrono la possibilità di provare un nuovo prodotto oltre a quello acquistato e le maxitaglie, che permettono di avere un contenuto maggiore di prodotto allo stesso prezzo del tradizionale.

Roberto Serafini: È difficile dire qual è l’impatto. È evidente che “ceteris paribus” chiudere punti vendita significa perdere fatturati e quote. Ma chiudere dei piccoli per investire le risorse risparmiate in addizionale sui grandi punti vendita forse porta a un sell out complessivo più importante. Ma ripeto, le scelte devono essere fatte con una visione d’insieme più larga, è stupido fare un’analisi per ogni singola porta a livello sia di top line sia di bottom.

Le discriminanti

Oggi più che mai è quindi importante scegliere con chi lavorare. In che modo?

Marcello Antonetti: Qualche anno fa, appena approdato nel mercato della profumeria, un mio capo di allora mi diede un’efficacissima e personalissima definizione di come dev’essere ogni punto vendita con cui si sceglie di lavorare; mi sfuggono le parole esatte ma il concetto era: “Ogni profumeria deve avere un buon potenziale, un eccellente standing e deve essere in grado di pagare le forniture con regolarità”. Sembra riduttiva ma, a distanza di anni, mi pare perfetta e, forse, avremmo tutti dovuto seguire più rigorosamente questi principi che attengono alla solidità finanziaria, alla capacità di attrarre e servire consumatori attraverso la bellezza del negozio e la capacità di fare la differenza con un servizio eccellente. Non voglio nascondermi: anche il trade ha il compito di scegliere i suoi partner nell’industria. Credo che questi stessi principi si possano applicare indifferentemente da parte del trade verso l’industria; si scoprirebbe che, seppure in modo traslato, le discriminanti in gioco sono esattamente le stesse.

Luca Catalano: Collistar ha compiuto 30 anni lo scorso anno, i nostri sono clienti storici che abbiamo selezionato negli anni secondo l’ubicazione dei loro punti vendita, le marche, la professionalità e la competenza. I nuovi punti vendita oggi sono aperti principalmente con quelli che sono già nostri clienti, prevalentemente catene nazionali e regionali o storici. E anche nel caso in cui un partner storico sia in difficoltà lo aiutiamo nel momento in cui vediamo che da parte sua c’è volontà di recuperare e fare bene. Non accade così quando invece il rapporto non è costruito su queste basi.

Roberto Serafini: Oggi più che mai è importante fare le scelte in ogni campo, quindi anche con chi stringere una vera partnership strategica, con un approccio win win sul lungo periodo. Nella scelta entrano in gioco molti aspetti. Cerchiamo di essere il più fattuali possibili, ma non possiamo dimenticare anche alcuni aspetti relazionali che per me contano ancora moltissimo. Comunque, dal mio punto di vista, alla base l’aspetto più importante della partnership c’è la fiducia. Quella fiducia reciproca che ci fa andare avanti anche nei momenti più bui. E nelle occasioni di scontro, che è normale che ci siano, anche tra i due migliori partner. Dal punto di vista più fattuale entrano invece in gioco le variabili più classiche, tra cui l’immagine della catena, lo sviluppo delle nostre quote. E non ultimo la solidità finanziaria del retailer e i suoi progetti di espansione che ha per il futuro.