Chi è il consumatore che frequenta la profumeria? Per quanto tempo si ferma davanti agli scaffali? Quanti prodotti di make up e skincare manipola? In che misura i suoi acquisti sono prede niti e quanto sono d’impulso? Quanto conta il consiglio della vendeuse?Per rispondere a queste domande Npd ha realizzato – lo scorso settembre – un’indagine approfondita sul frequentatore di profumeria in Italia. Lo shopper study ha preso in considerazione un campione di circa 1.000 clienti del canale selettivo, osservandone il comportamento in store, e successivamente con interviste approfondite ha cercato di comprendere a fondo le abitudini, le motivazioni, le aspettative e i driver di scelta riguardanti la profumeria. “Sono emersi una serie di spunti interessanti per l’industria cosmetica sia e la distribuzione” spiega Francesca Comis, manager beauty Italy di Npd Group. “In particolare, emerge un gap tra i desideri degli shopper e la realtà. Colmare questo divario è possibile facendo degli interventi coordinati tra industria e distribuzione sia in store sia a livello di offerta e di comunicazione”. Il comportamento cambia in funzione della categoria oggetto di analisi. In generale si riscontra un’elevata attenzione alla sfera sensoriale e al mondo fashion. Lo shopper della profumeria non cerca solamente prodotti da acquistare ma si aspetta di vivere un’esperienza che coinvolge tutti i sensi. “A differenza di quanto accade in Francia” spiega la ricercatrice di Npd “in Italia le persone hanno un’elevata tendenza a manipolare creme e sieri, matite e ombretti, a sperimentare le texture, a provare il pro-fumo sulla pelle piuttosto che sulla mouillettes. In particolare, gli shopper vogliono toccare con mano le novità. Per soddisfare questo tipo di aspettativa, il retailer dovrebbe ridurre il più possibile le barriere, facilitando l’accesso diretto ai prodotti”. Ma non sempre accade. Così come spesso lo shopper non trova quell’appagamento anche visivo che si attenderebbe dalla profumeria. “I consumatori lamentano il fatto che le vetrine non sono in grado di far vivere un momento magico. Così come i prodotti sono impilati sugli scaffali, senza alcuna presentazione scenografica”. La pianificazione dell’acquisto varia a seconda della categoria. Di conseguenza il margine di azione dei retailer cambia. “Quando il consumatore entra in profumeria avendo già deciso di acquistare la categoria è possibile al più inŽ fluenzare lo switch off da un brand all’altro” dichiara Francesca Comis. “Mentre se la pianificazione all’acquisto è inferiore, è necessario utilizzare tutte le leve atte a inŽfluenzare e quindi catturare l’attenzione dello shopper in modo da convertire la visita in atto d’acquisto” In ne, la permanenza in store è superiore alla media francese, ma imitata. Nonostante la profumeria sia concepita come luogo dove farsi coccolare perché il consumatore non vi trascorre più tempo? “Probabilmente perché c’è distonia tra il mondo del sogno che il consumatore si aspetta e ciò che realmente trova. Ecco perché l’industria e la distribuzione cosmetica dovrebbero lavorare insieme per creare un’atmosfera un po’ più di sogno, rilassatezza e sensorialità. E inoltre si dovrebbe investire maggiormente in formazione: se la vendeuse ci mette competenza e passione, è un piacere farsi raccontare e consigliare i prodotti. In questo modo il tempo di visita alla profumeria aumentarebbe e lo scontrino di conseguenza” conclude Francesca Comis