“Penso che il profumiere debba fare delle scelte, capire con quali aziende e marchi vuole lavorare. Il retail deve individuare un pool di brand che gli offrano ciò di cui ha bisogno. E le aziende cosmetiche devono ritornare alla propria identità e ai propri valori per essere più propositive nei confronti di un mercato che ormai è omologato. Se tutti offriamo gli stessi prodotti e le stesse attività non facciamo bene al mercato, anzi”. È questa la visione di Giancarlo Zinesi, managing director di Sisley Cosmetics e grande conoscitore della profumeria italiana, che abbiamo interrogato rispetto al presente e al futuro del canale e che ci ha risposto: “Mi piacerebbe avere la sfera di cristallo. L’Italia ha ancora un’alta presenza di profumerie tradizionali. Mi piace pensare che molte rimarranno anche in futuro, ma queste devono pensare di rinnovarsi, aggiornarsi, apportare delle modifiche strutturali e assortimentali non perdendo di vista la qualità del servizio, che negli ultimi dieci anni si è un po’ persa per effetto della minore marginalità. Il consumatore continua a scegliere la profumeria quando vuole la specializzazione, se la specializzazione è minore, tutto è banalizzato e di conseguenza il canale selettivo rinuncia al proprio valore aggiunto”.

In un momento di crisi come l’attuale, in cui il retail fatica a far entrare persone nei negozi e l’industria sembra più attenta a ciò che fanno i competitor piuttosto che all’evoluzione del consumatore, cosa rimane dell’identità di marca?È più facile osservare ciò che realizzano gli altri e dire “lo faccio anche io”, piuttosto che innovare. Questo può funzionare nel breve periodo, ma non fa bene né al marchio né al mercato che di conseguenza si appiattisce per effetto dell’omologazione dell’offerta. Penso invece che, per essere realmente propositivi, i diversi brand debbano ripartire dalla propria identità ed essere fedeli alla propria filosofia e strategia. Quindi, è possibile sfuggire all’omologazione ripartendo dalla propria origine?Le faccio l’esempio di Sisley. La marca è arrivata in Italia nel 1976 attraverso dei distributori. La filiale diretta è stata creata nel 1993 e io sono subentrato tre anni dopo. Il mio primo impegno è stato rinnovare la rete di concessionari, seguendo le indicazioni della casa madre. Quando il conte Hubert d’Ornano, fondatore di Sisley, creò l’azienda fu lungimirante, perché diede mandato ai ricercatori di lavorare sui benefici delle piante e di utilizzare le beauty assistant per far comprendere ai consumatori finali il valore aggiunto dei prodotti del brand. Così quando sono entrato in azienda nel 1996 abbiamo iniziato a sviluppare questa figura, che allora non riguardava più di dieci persone. Negli anni Novanta, infatti, molti consideravano le beauty superate a vantaggio di altre strategie di comunicazione, con l’effetto di un livellamento di prezzo sulle fasce centrali e una perdita di qualità del servizio. Noi siamo andati contro corrente. Del resto chi meglio del nostro personale può essere una guida per il titolare e le addette alla vendita della profumeria e al tempo stesso per il consumatore finale? Sisley non è mai stata alla ricerca della leadership di prezzo ma della leadership tecnologica, attraverso prodotti performanti e sicuri. È importante farlo capire. Ecco perché oggi le nostre beauty assistant – ci tengo a sottolinearlo, tutte dipendenti – sono oltre 100. E sono in larga parte estetiste diplomate…Siamo riusciti, grazie alla credibilità dell’azienda e ai crediti lavorativi che sono stati riconosciuti al nostro personale in quanto dipendente (hanno partecipato solo dipendenti in azienda da almeno tre anni e che quindi potevano vantare un certo tipo di formazione ricevuta nel tempo), a fare in modo che i nostri addetti potessero beneficiare di una riduzione sul numero complessivo di ore del corso professionale. Negli ultimi due anni 65 delle nostre 102 beauty hanno rinunciato al proprio giorno libero per ottenere un diploma che arricchisce la loro professionalità e aggiunge valore nel rapporto con il cliente finale. Se già in passato il gradimento del nostro servizio beauty era elevato, oggi lo è ancora di più perché le persone sono più preparate e motivate. Ce lo ha confermato un’indagine mistery shopping che abbiamo realizzato recentemente: ogni incontro è durato dai 30 ai 45 minuti e il 75% delle beauty consultant ha ricevuto un punteggio compreso tra 75 e 100 (il massimo era 100). A seguito di questa ricerca abbiamo lavorato per migliorare i punti deboli e così offrire un servizio ancora più accurato.Mi sembra di capire che il bilancio delle beauty sia positivo, è vero sono costose ma il vostro servizio non potrebbe prescindere da queste figure? Il bilancio è sicuramente positivo. Quando dal 1976 al 1996 la marca era gestita dai distributori, che avendo obiettivi di profitto differenti non attivavano un servizio di questo tipo, i risultati ottenuti erano ben diversi. Naturalmente la nostra strategia di comunicazione non comprende solo le beauty, ma anche campagne pubblicitarie e materiale per la profumeria. Siamo convinti che sia necessario essere vicini al punto vendita, quindi non facciamo mai mancare i campioni, di cui ne distribuiamo ben 5 milioni all’anno. Eppure non mancano le lamentele di persone che si rivolgono al nostro servizio consumatori per segnalare la mancanza di campioni. Perché accade ciò? Il retailer, essendo Sisley un brand ambito ma costoso, teme che la cliente non sia realmente intenzionata all’acquisto ma sia piuttosto una ricercatrice seriale di taglie prova e che quindi “rubi” il campione a una potenziale acquirente. Personalmente penso che sia meglio rischiare un campione in più che uno in meno.In una strategia di differenziazione l’innovazione è l’unico fattore che entra in gioco? In generale i laboratori di ricerca negli ultimi 20 anni hanno fatto notevoli progressi. I prodotti di marca sono decisamente più sicuri e più efficaci di quanto non fossero in passato. E anche il nuovo regolamento cosmetico è un’ulteriore tutela. Per quanto ci riguarda la nostra ricerca e sviluppo può impiegare anche 10 anni prima di dire che un prodotto è pronto per essere lanciato sul mercato. È il caso di Sisleÿa, la prima crema di trattamento globale che nacque nel 1999 e ancora oggi è uno dei prodotti più venduti. Solo il 10% del nostro fatturato è generato dalle novità. Siamo orientati a proporre prodotti che durino nel tempo. Proprio per questo e per una questione di coerenza ci piace dire che siamo leader di alta gamma e non un marchio di lusso. Ci focalizziamo sulla qualità, su ciò che è contenuto dentro ogni singolo vasetto e non sull’opulenza della confezione. Anzi abbiamo un atteggiamento tale per cui evitiamo lo spreco, sotto tutti i punti di vista, nella gestione delle attività quotidiane di ciascuna filiale, nella produzione, nella logistica. Siamo attenti a salvaguardare il territorio e a uno sviluppo sostenibile. La prova è che il nostro centro di ricerca e logistico di Sant-Ouen L’Aumône è dotato di un impianto fotovoltaico che è il più grande del Nord della Francia. Tornando al discorso dell’identità di marca in che modo la partnership con il retail può aiutare un marchio cosmetico nella costruzione di un’identità di marca più forte?Il retail è confuso perché questo momento di difficoltà sta durando da molto tempo: da cinque anni il mercato non cresce e i profumieri hanno difficoltà a reperire finanziamenti e sostegno da parte delle banche. Il profumiere tradizionale, poi, avverte in misura maggiore la concorrenza delle catene che, dapprima focalizzate sull’offerta di grandi superfici e assortimento, oggi puntano sul servizio. A tutti questi fattori, si aggiungono le strategie di comunicazione isteriche e pericolose di alcune insegne, che abusano del taglio prezzo, riducendo la marginalità e quindi la possibilità di investimento. Noi da sempre siamo vicino a quei retailer che fanno un discorso di servizio, attraverso prodotti sicuri e qualitativi, attività sul punto vendita e un listino mirato, che con i tre assi copre la totalità dei prodotti che possono servire alla donna per la cura della bellezza. Come si ripartisce il business tra i tre assi?Il 70% delle vendite è realizzato con il trattamento, il 22% con il make up e il restante 8% con le fragranze per un totale di 270 referenze. Per quanto riguarda il make up tengo a sottolineare che è curativo e che nel corso del tempo si è arricchito in termini di contenuto moda e colore, pur senza eccedere nella direzione opposta: proponiamo due look che utilizzano prodotti già presenti a listino, magari aggiungendo un colore o una variante. Penso che questa sia una dimostrazione di coerenza perché in questo modo non creiamo stock, non riduciamo la marginalità e non generiamo resi. Crediamo di essere il partner ideale per il profumiere che vuole qualità e ha sempre di più volontà di specializzazione. La volontà di specializzazione è quindi una delle discriminanti che entrano in gioco nella scelta del profumiere partner. Quali sono le altre?La nostra distribuzione deve avere un certo tipo di assortimento, uno standing del punto vendita idoneo e personale qualificato, che si impegni a frequentare i nostri corsi di formazione. Tutti i nostri concessionari devono ospitare la visita delle nostre beauty per un certo numero di settimane all’anno. In quante porte siete presenti?È necessario fare una premessa. Il mercato del beauty è composto da marche che hanno una distribuzione cosiddetta selettiva che si orienta intorno alle 1.800/2.000 porte, da brand di nicchia, che sono distribuiti in meno di 500 punti vendita, e poi da marchi come Sisley, la cui distribuzione è sicuramente selettiva ed è pari a 860 negozi. Questa numerica non è cambiata nell’arco degli ultimi 5 anni. Questo non significa che non ci siano stati dei cambiamenti, in quanto un marchio che vuole essere protagonista nel mercato deve essere presente dove il pubblico va. Selezioniamo e concordiamo con la distribuzione all’interno delle catene i punti vendita più idonei per la tipologia del nostro prodotto, secondo il concetto di qualità e di servizio. Siamo presenti principalmente nei centri città, ma non manca anche qualche centro commerciale di posizionamento elevato.Siete andati a reclutare nuovi consumatori sulle più esclusive spiagge toscane e nei golf club italiani sempre coinvolgendo concessionari locali. Che tipo di riscontro avete avuto?Da tre anni abbiamo approcciato il mondo del golf, seguendo l’iniziativa spontanea di qualche profumiere appassionato a questo sport. Inizialmente distribuivamo campioni di prodotto ed eravamo presenti con banner pubblicitari sui campi, poi abbiamo introdotto una postazione make up, presidiata dal nostro personale, per dare la possibilità alle golfiste di beneficiare di una veloce sessione di maquillage una volta conclusa la gara. Da quest’anno siamo presenti, coinvolgendo il nostro concessionario, anche con la vendita di prodotti. Questa iniziativa ci permette di sviluppare nuovi contatti e di qualità in poche ore. Inoltre siamo anche andati in stabilimenti esclusivi, in Versilia, a realizzare trattamenti in un contesto molto bello. Entrambe queste iniziative hanno un alto potere reclutante. È ciò di cui la profumeria ha bisogno.Avete in mente altre iniziative di questo genere?Siamo presenti in alcuni convegni di dermatologi per vincere la resistenza che alcuni di loro e i medici estetici hanno nei confronti dei prodotti cosmetici. Stiamo sviluppando un rapporto di fiducia con questi professionisti, tanto che alcuni di loro ci invitano nel loro studio per incontri con alcune pazienti: in un contesto piacevole di fine giornata la nostra esperta offre consigli a nuove potenziali clienti. È qualcosa che nel 2014 sicuramente replicheremo ma con modalità diverse. Molte catene nazionali o internazionali stanno sempre più adottando una strategia basata sulle private label e sulle marche esclusive. Come vede ciò? Se la private label non ha dei contenuti di qualità è pericolosa; forzandone l’acquisto c’è il rischio che la profumeria perda la propria clientela, spingendola verso altri canali, che magari propongono merceologie simili, con un’immagine e un posizionamento più bassi e dei prezzi più aggressivi. E cosa ne pensa, invece, dei marchi esclusivi? È una strada simile alla private label. In un mercato globalizzato, un marchio è forte se lo è nel mondo. Se è concesso in esclusiva a una sola catena è perché non è conosciuto. Tuttavia questa è un’arma a doppio taglio: se un’insegna è l’unica a proporre un brand, ne è anche garante nei confronti dei consumatori. Se la sua qualità non è eccelsa potrebbe danneggiare l’immagine della catena invece di migliorarla. Il proprietario di questa azienda sostiene che per portare al successo un marchio nel mondo ci vogliono 20 anni, per distruggerlo solo 3, di conseguenza… basta che sbagli a mettere qualcosa nei vasetti e il pubblico ti abbandona. Poco fa diceva che il retail deve fare delle scelte. Ci sono dei profumieri che le hanno fatte aggregandosi. Sto parlando del superconsorzio. Cosa ne pensa?Noi amiamo realizzare incontri individuali con il singolo concessionario, con il quale facciamo un discorso personalizzato e tarato sul suo volume di affari e il suo potenziale. Questo non significa che io sia contrario ai gruppi consortili, purché l’orientamento sia focalizzato non sulla contrattazione ma sulla definizione di strategie e di azioni di comunicazione congiunte nei confronti del consumatore finale, per riportarlo in profumeria. Proprio per questo motivo sono anche favorevole al fatto che i consorziati mantengano la propria insegna affiancando quella consortile a quella originaria.Che cosa possono e devono fare industria e distribuzione per dare nuova linfa alla profumeria?Lavoriamo per lo stesso obiettivo e dobbiamo collaborare. Mi è dispiaciuta molto l’adesione limitata da parte delle profumerie all’iniziativa La forza e il sorriso. Eppure era un’interessante operazione di charity e poteva essere un momento di richiamo di persone in profumeria. Mi auguro che industria e profumeria smettano di lottare muro contro muro per le condizioni commerciali e cerchino di capire cosa fare insieme per il mercato, per far restare le persone in profumeria e portarne di nuove.